domenica 10 maggio 2015

Maria, Grande Signora degli Ungheresi


UNGHERIA 1991, Serie Santuari Mariani
Nella seconda metà del secolo IX, alcune tribù ungariche nomadi, provenienti dalle steppe dell’Asia Minore e capeggiate da un certo Arpad, si stabilirono nella Pannonia, antica provincia romana sul Danubio. Un discendente d’Arpad, il duca Geza (†997), instaurò la prima dinastia magiara e si adoperò a diffondere il cristianesimo, chiamando nel Paese missionari bizantini e occidentali con a capo sant’Adalberto, vescovo di Praga. Suo figlio, il re santo Stefano (968-1038), completò l’evangelizzazione con l’aiuto di san Gerardo (†1046), un benedettino veneziano della famiglia dei Sagredo. Il santo monaco invitò gli Ungheresi a chiamare la Vergine Magna Domina (Grande Signora) e a tributarle l’onore e la devozione che prima avevano riservato alla dea pagana della fertilità e della vita, la Boldog Asszony.
Santo Stefano fu devotissimo della Vergine, tanto che sul suo manto regale volle che fosse ricamata l’immagine di Maria e nelle adiacenze della reggia di Alba Reale (Székesfehérvár) fece costruire una stupenda chiesa mariana, dove mise sotto la custodia della Vergine i tesori e le insegne più preziose del regno e la propria corona, dono del papa Silvestro II. Alla morte prematura di Emerico, suo unico erede al trono, affidò e consacrò il suo regno con tutto il popolo alla Madre di Dio e la proclamò patrona dell’Ungheria. Il giorno della festa dell’Assunzione di Maria del 1038, anno della sua morte, il re rinnovò l’atto di consacrazione alla Vergine Santa e offrì la sua corona a lei, perché vegliasse sulla giovane Chiesa e la proteggesse nel corso dei secoli. Così, con santo Stefano, l’Ungheria divenne "Regno e dominio di Maria"; e la devozione mariana acquistò il valore di una virtù nazionale.


I principali santuari mariani


L’idea del Regnum marianum, trasmessa dalla dinastia degli Arpadi a quella degli Angioini, si è protratta fino al 1800, quando Francesco Giuseppe I fece erigere una cappella in onore della Vergine nel luogo dove fu ritrovata la santa corona e Schitovsky, principe-primate di Esztergom, fece coniare delle medaglie con l’immagine della Magna Hungarorum Domina. Ma c’è di più: fino al 1848 l’inno nazionale, che iniziava con le parole: «Dio benedica l’ungherese», era un inno a Maria; le monete portavano l’effigie della Madonna e la bandiera nazionale, con l’immagine della Vergine, recava la scritta: «Matre monstrante viam, Deo duce, pro patria et libertate vivere aut mori» (Con la Madre che addita la via, sotto la guida di Dio, vivere o morire per la patria e la libertà).


UNGHERIA 1991, Vergine con il Bambino

Lungo il corso dei secoli, l’immagine della Santa Vergine fu spesso incisa anche sulle spade dei soldati e sulle monete d’oro e d’argento, recanti iscrizioni significative, come queste: «Patrona Regni Hungariae»; «Maria, Mater Dei, Patrona Hungariae, sub tuum praesidium confugio». Immagini ed edicole di Maria dominavano sui muri fortificati dei castelli ed erano suggestivamente rischiarate dalla luce di molte lampade di bronzo o d’argento massiccio. I re innalzavano chiese, cappelle e santuari in onore della Madre di Dio; ne incoraggiavano il culto con il loro esempio. Come san Ladislao (1077-1095), il re mariano per eccellenza, che nelle battaglie portava legata al braccio o alla spada la corona del rosario, fece costruire a Nàgyvàrad (oggi in Romania) una chiesa in onore della Santa Vergine che non aveva nulla da invidiare a quella di Alba Reale.

I principali santuari mariani

Dei bellissimi santuari mariani che adornano l’Ungheria riportiamo qualche nota solo dei principali, per esigenze di spazio: Nostra Signora degli Eremiti a Máriaremete - Budapest, Nostra Signora delle lacrime a Györ, Nostra Signora di Gyüd a Máriagyüd, Nostra Signora delle lacrime a Máriapócs eNostra Signora Ausiliatrice a Szeged.

1 - "N.S. degli Eremiti" - Máriaremete – Budapest

Máriaremete è un luogo di culto abbastanza recente, ma data la sua relativa vicinanza con la città, è divenuto la meta preferita degli abitanti di Budapest. Alla sua origine sta la devozione di un’immigrata svizzera, Caterina Tolwieser, trasferitasi in Ungheria alla fine del 1700.

Devotissima di Nostra Signora di Einsiedeln, il principale santuario svizzero, lasciando la patria, Caterina portò con sé una copia di tale immagine. Nelle inevitabili difficoltà dei primi tempi della sua vita di immigrata trovò un grande conforto ricorrendo alla Vergine e attribuì poi a lei la propria buona sistemazione matrimoniale ed economica. Così volle condividere con altri il suo "tesoro" ed espose l’immagine su una quercia che si trovava lungo la strada. Il culto della gente del posto si affermò immediatamente e si diffuse oltremodo dopo che una donna riacquistò prodigiosamente la vista.

Il feudatario del luogo fece erigere una prima cappella, nel 1817. Resasi questa insufficiente, fu eretto l’attuale santuario per interessamento e a spese dei pellegrini. Máriaremete visse forse i suoi momenti più alti nei pellegrinaggi organizzati nei primi anni dell’ultimo dopoguerra e animati dalla parola forte e appassionata del cardinale Jòzsef Mindszenty.

2 - "N. S. delle lacrime" – Györ

L’immagine mariana venerata nella cattedrale di Györ viene dalla lontana Irlanda. A portarla fu il vescovo Walter Linch, costretto all'esilio dalla feroce persecuzione di Oliver Cromwell. Inizialmente l’immagine era venerata nella città di Galway, sulla costa occidentale dell’Irlanda.

Dopo la morte di Linch, essa fu posta in venerazione nella cappella di Sant’Anna della cattedrale.

Nel 1697, il 17 marzo, giorno della festa di san Patrizio, patrono d’Irlanda, dalle 6 alle 9 del mattino l’immagine lacrimò e sudò sangue alla presenza di una folla numerosa. Il Capitolo della cattedrale esaminò il fenomeno ancora mentre esso si verificava e ne constatò la soprannaturalità. Viene tuttora conservato il fazzoletto usato per raccogliere le lacrime e ancora oggi si notano le tracce che esse lasciarono sul volto della Vergine. L’eco del fatto fu vastissimo e raggiunse anche l’Irlanda.

Da quell'anno la festa principale della cattedrale di Györ è divenuta quella di san Patrizio, appunto perché ricorre l’anniversario della lacrimazione.

3 - "N. S. di Gyüd" – Máriagyüd

Il santuario di Nostra Signora di Gyüd, che sorge nei pressi di un’importante strada costruita al tempo della dominazione romana, è fra i più antichi dell’Ungheria.

Pare che fosse un luogo di culto già prima della venuta degli Ungheresi. Santo Stefano affidò il posto ai benedettini, che nei pressi di un pozzo collocarono un’immagine mariana, divenuta ben presto meta di pellegrinaggi.

La prima chiesa fu fatta costruire intorno al 1148 dal re Geza II, che aveva molto caro tale santuario. Con l’occupazione turca la statua fu distrutta e la chiesa passò ai calvinisti.

Fu restituita ai cattolici dopo che la Vergine apparve al cattolico Tommaso Mathinicz e successivamente a due calvinisti, Matteo Ispany e Giovanni Kopics: le testimonianze dei tre sono ancora conservate negli atti dell’inchiesta promossa dall’autorità ecclesiastica competente. I francescani riuscirono allora a farsi affidare la chiesa grazie all’intervento dell’imperatore stesso.

Durante i torbidi politici che di lì a poco scoppiarono nella zona, i frati portarono la statua a Eszékre; ma gli abitanti dei luogo non vollero più restituirla, una volta tornata la pace. Così si dovette cercare una nuova immagine.

L’attuale chiesa e il convento annesso furono costruiti dagli abitanti del luogo come ringraziamento per lo scampato pericolo, durante la peste del 1745.

4 - "N. S. delle lacrime" – Máriapócs

Il santuario di Máriapócs sorge in un piccolo villaggio dell’Ungheria orientale confinante con la Russia. L’immagine che vi si venera è un’antica icona dell’Odigítria, che tiene suo Figlio sul braccio sinistro, mentre lo indica con la mano destra.

L’origine del santuario è dovuta a un miracolo. Secondo la tradizione, il 4 novembre 1696, i fedeli che assistevano alla santa messa nella chiesetta greco-cattolica del villaggio videro la Vergine dell’icona Odigítria versare lacrime.

Il fenomeno si ripeté altre volte fino all’8 dicembre e fu constatato da una folla innumerevole che vi accorreva anche dai paesi vicini. Il parroco basiliano raccolse in un fazzoletto di seta «queste perle preziose della misericordia» e le inviò al vescovo di Eger, György Fenesy, il quale le fece esaminare da testimoni ecclesiastici e civili e, dall’esame, risultò un consenso unanimemente positivo. Il prodigio interessò anche la famiglia reale, per cui l’imperatore Leopoldo I ordinò che l’icona lacrimante della Vergine fosse trasferita a Vienna, nella cattedrale di Santo Stefano.

Nella capitale questa miracolosa icona incontrò subito una grande venerazione da parte dei fedeli che la invocavano in ogni necessità e soprattutto nella guerra contro i Turchi, cacciati definitivamente dal territorio austro-ungarico nel 1697.

Intanto, a Máriapócs venne collocata una copia dell'Odigítria, e anche questa lacrimò nel 1715, dall'1 al 15 agosto.

I pellegrini accorsero numerosi e le autorità pensarono alla costruzione di una chiesa nuova più ampia, la quale, iniziata nel 1749, fu ultimata soltanto nel 1946. L’afflusso dei fedeli, durante i due secoli, fu sempre crescente anche in seguito a una terza lacrimazione, avvenuta nel 1905 e durata più di un mese. Nel 1946, in occasione del 250° anniversario del primo miracolo, il cardinale Mindszenty celebrò la santa Messa alla presenza di oltre 200.000 fedeli. Nel periodo comunista, il santuario restò sempre aperto e le persecuzioni religiose, per contrasto, incoraggiavano i fedeli a frequentarlo.

UNGHERIA 1991, Celldomolk
5 - "N. S. Ausiliatrice" – Szeged

Questo santuario, posto al Sud del Paese, è legato alla dinastia Hunyadi, da cui discende il famoso Mattia Corvino (1458-1490). Fu proprio lui a iniziare i lavori per la riedificazione della chiesa e del convento francescano annesso. Chiesa dedicata alla Madonna della neve, dove si venerava una copia dell’immagine di Santa Maria Maggiore in Roma. Dopo la battaglia di Mohács la chiesa fu data alle fiamme dai Turchi, ma un fedele coraggioso riuscì a salvare l’immagine e a portarla a Makora, dove rimase definitivamente.

Una cinquantina di anni dopo, la chiesa-santuario fu restaurata e vi fu posta in venerazione un’immagine di Maria Ausiliatrice, che un gruppo di fedeli fuggiti da Csanad aveva portato con sé. Poco dopo un nuovo incendio distrusse la chiesa e l’immagine fu fortunosamente sottratta alle fiamme e nascosta in una palude. A ritrovarla, verso il 1630, fu un cavaliere turco: riconosciuta nell’immagine la Grande Signora dei cristiani, egli fu preso da soggezione e la portò al convento francescano di Szeged, raccomandando ai frati di tributarle il dovuto onore.

In tal modo il santuario, nonostante la dominazione turca, poté fiorire di nuovo, divenendo famosissimo e molto frequentato dalle popolazioni balcaniche.
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Ma ci furono anche tempi tristi per la "storia mariana" dell’Ungheria.

La situazione, infatti, cambiò bruscamente con la successione al trono di Giuseppe II, che s’impegnò, spesso dispoticamente, a rafforzare l’unità nazionale e a farsi interprete delle idee illuministe in campo ecclesiastico. Come nelle altre nazioni dell’Impero austro-ungarico, i santuari che non erano sedi di parrocchie vennero soppressi, i loro beni confiscati, i pellegrinaggi impediti. Il governo assolutista degli Asburgo tendeva a cancellare le differenze nazionali; di conseguenza l’ideale del "Regno mariano" passò in secondo piano e solo la paura del nemico francese comune contribuì a contenere le spinte autonomiste ungheresi.

Nel 1896 fu solennemente celebrato l’inizio del millennio della conversione dell’Ungheria alla fede cristiana, e in tale occasione l’approvazione della festa della Grande Signora degli Ungheresi da parte di Leone XIII parve suggellare il legame della nazione con la Vergine.

Storica rimane la consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria fatta da Pio XII il 31 ottobre 1942. A Budapest fu solennemente ripetuta, per bocca del sindaco della città, il 27 giugno dell’anno seguente. Il rito fu reiterato un po’ dappertutto nel Paese e ovunque con una partecipazione massiccia di fedeli. Quando poi, nel 1945, l’Armata Rossa occupò completamente il Paese e l’Ungheria fu costretta a entrare nell’orbita sovietica, i cattolici sentirono la necessità di stringere le fila per riaffermare la loro identità davanti alla propaganda comunista, e in questo trovarono un leader d’eccezione nel cardinale primate Jòzsef Mindszenty, vero martire dalla fede intrepida e grande interprete della storia nazionale. Nei suoi discorsi la Grande Signora degli Ungheresi ritorna di continuo, con tanta convinzione da toccare le corde più profonde della fede e del sentimento della nazione.

La dimostrazione di fermezza dei cattolici, in tutto il periodo di dominazione sovietica, fino a quella ancora più drammatica dell’insurrezione democratico-popolare del 1956, non fu vana, perché in seguito convinse i governanti a rispettare, almeno in parte, il sentimento popolare e a permettere una relativa libertà di culto, fino a riconquistarne la piena libertà dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989.


La forte devozione popolare degli Ungheresi

Il fervore dei re nell'onorare la Madre di Dio non ha certo superato, nel corso dei secoli, la devozione umile e sincera del popolo ungherese. Fin dalle origini dell’evangelizzazione del Paese danubiano, la Vergine era invocata in ogni circostanza della vita popolare, perché era al centro di ogni cuore e si aveva piena fiducia in lei; anzi, tutto si aspettava da lei. Nella festa della Natività si benediceva il grano da semina, perché la benedizione di Dio e della Vergine lo rendesse fertile; nello stesso giorno, la massaia metteva sotto la chioccia le uova, perché era certa che sarebbero nati tutti i pulcini. Nella solennità dell’Assunzione donne e fanciulle raccoglievano mazzi di fiori, detti "erba della Grande Signora", per farli benedire dal sacerdote e deporli sulla tomba dei defunti per meritare loro di essere "assunti in cielo", come fu per Maria. Così pure, in tale giorno vi era l’uso di recitare mille Ave Mariapresso qualche recente sepolcro o nella cappella del cimitero in ricordo della Dormizione della Vergine.

Nella festa dell’Immacolata Concezione le Figlie di Maria biancovestite, con lampade accese in mano, stavano attorno all’altare della Madonna durante la messa e il canto del vespro per rinnovarle la loro promessa di devoto servizio e di sincera fedeltà. All’inizio del XVII secolo la devozione del rosario si diffuse in tutta la nazione; sorsero numerose Confraternite del rosario e tanto era il fervore generale che nei villaggi le famiglie si riunivano il sabato per recitarlo insieme in ginocchio e i contadini appendevano la corona al loro aratro o al manico della loro zappa.

Ma la pietà popolare mariana si rivelava ancora più intensa in occasione dei lutti familiari e delle disgrazie nazionali. Le donne in processione si recavano nei cimiteri, sostavano davanti alle croci e tra le lacrime pregavano e cantavano nenie, imitando il pianto di Maria alla perdita di suo Figlio a Gerusalemme, sulla via del Calvario e ai piedi della croce. E pianto ce n’è stato tanto, in Ungheria, nei suoi novecento anni di storia! Nella sua terra fertile e nella sua situazione geografica si è potuto stabilire un clima politico funesto dalle grandi invasioni dei Romani, degli Unni, dei Longobardi, degli Avari, dei Tartari, fino alle occupazioni, malefiche per la fede cattolica, dei Turchi prima, delle armate naziste di Hitler poi e, infine, dell’Armata Rossa di Stalin, con l’invasione sovietica del 1956.

La Provvidenza ha riconsegnato l’Ungheria, fin dagli ultimi anni del secolo scorso, nell’integrità della sua storia patria e nella forza della sua fede, alla devozione indiscussa a Maria, Grande Signora degli Ungheresi.



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